I metodi democratici
- La democrazia diretta
- La democrazia rappresentativa
- Il limite del carattere locale della democrazia diretta.
- Il limite numerico dei partecipanti alla democrazia diretta.
- Discussione e voto
La
parola democrazia
cambia di valenza con l'andare del tempo.
Al
tempo degli
ideatori greci era una pretesa di partecipazione all'amministrazione
della cosa
pubblica perché, detto piatto piatto, si voleva togliere
alla classe
governante, già abbiente di suo, la possibilità
di arricchirsi con soldi
pubblici. Uno dei riformatori
della
democrazia ateniese, Efialte, pagò con la vita per questo.
Non era comunque un
ambientino tenero allora, altro che diritti ed uguaglianza: le donne
fuori dai
piedi, gli schiavi rimangano schiavi che servono all'economia bellica e
di
espansione tipicamente greca, chi tradisce viene sbattuto fuori dalla
città,
dalla polis, oppure ucciso. Del prossimo non mi fido tanto
così ed allora via
con la rotazione annuale, semestrale e così via. Meglio
ancora il sorteggio che
così evitiamo i brogli.
Carino
l'ambiente
ateniese vero? Allora cosa serviva? Semplice: a partecipare
all'amministrazione
della cosa pubblica.
Poi
nei secoli
avvengono i mutamenti, anche nel concetto dei diritti. Nell'Universitas
Civium
di San Marco in Lamis ad esempio, viene già nel 1360
sanzionato chi percuote donne
e bambini. Certamente
erano solo pene pecuniarie e ce n’è voluta di
strada per arrivare alle nostre Costituzioni ed alla dichiarazione dei
diritti dell'Uomo.
Ci
siamo
massacrati per decenni nella guerra dei trent'anni per motivi religiosi
innescati dalla chiesa e ne siamo usciti per questo con un nuovo
concetto
democratico che è la laicità. Fuori dai piedi la
religione dall'amministrazione
della cosa pubblica.
Siamo
arrivati
così alla Rivoluzione Atlantica e
a quei
tempi hanno pensato
che fosse il caso
di rimetter in piazza il concetto di
democrazia. C’era però un problema: la democrazia
greca era una democrazia
diretta con i suoi limiti territoriali e di partecipazione. Che fare?
Niente
di più
facile: si è pensato alla delega, cioè non decido
più io, ma do ad altri
il potere di decidere per me facendo attenzione
a non lasciarli razzolare troppo liberamente. Di conseguenza i primi
che
applicarono questo sistema di
delega
(USA, CH, IRL) aggiunsero la possibilità di qualche altro
strumento di
controllo. Quando fare la rivoluzione toccò alla borghesia
francese, questa si
guardò bene dal mettere queste
vincoli e controlli. Da lì questo nuovo concetto di
democrazia, delegata e
monca nella possibilità di controllo, fece il giro
dell'Europa ed ancora ce la
teniamo stretta.
Ora,
per quanto
riguarda l'amministrazione della cosa pubblica, oltre aver stabilito un
metodo
democratico, quella della delega democratica senza
possibilità di revoca, è
stata istituita anche l’etica. Per
quanto riguarda la nostra etica democratica l’abbiamo
affinata con l'andare del
tempo ed abbiamo allargato i diritti: quello
del voto alle donne, quello di uguaglianza, abbiamo abrogato
ufficialmente la
schiavitù e così via.
Abbiamo trascritto
queste conquiste nelle costituzioni e nei codici.
Peccato
che con
il metodo democratico a disposizione, questi diritti che abbiamo
stabilito non
si possano realizzare, come ad esempio
l'articolo
3 della Costituzione Italiana.
Ed
eccoci
arrivati al
nocciolo della questione che
da tempo sto ponendo
all’attenzione.
L'ideale
della democrazia
in quanto partecipazione alla cosa pubblica, in quanto metodo
democratico,
aveva sempre la stessa valenza in Grecia , nelle Universitas Civium
medievali, nella
Rivoluzione Atlantica, nella Comune di Parigi. L'immutabile
questione era ed è sempre:
partecipare all'amministrazione della cosa pubblica. Ciò che
è cambiato, che
evolve, che tende ad essere un ideale è l'etica democratica,
il concetto di
diritto e di eguaglianza. Questa è la seconda parte della
nostra democrazia,
certamente non condannabile ed in nessun caso da buttare.
La
"democrazia", quindi, non è un ideale, perché il
binomio metodo-etica
democratici si evolve. Inizialmente, per i nostri concetti, il metodo
era un aborto,
ma serviva ad uno scopo, di seguito si è aggiunta e si è
sviluppata con il tempo l'etica
democratica.
L'ideale
allora è
di non fermare l'evoluzione dell'etica democratica e di correggere
questo obbrobrio
di metodo democratico attuale, sostituendolo con un nuovo
metodo da me proposto, l’Unicivium, visto
che ora ci sono lo possibilità di
superare i limiti della democrazia diretta.
Fin
qui
ho chiarito che la democrazia è composta da etica
democratica e da metodo democratico.
La
prima è la teoria, l’insieme dei diritti e dei
doveri di tutti, fissati in
statuti o leggi fondamentali come la Costituzione,
il secondo è la pratica, il modo con il quale
si scelgono i rappresentanti che devono governare in modo che i diritti
e
doveri vengano attuati , mantenuti ed adattati al mutamento degli usi e
costumi
nel tempo
La
democrazia diretta è caratterizzata da estensione
territoriale
limitata, da partecipazione numerica limitata, da decisione personale
non
delegata, (vedasi Atene,
Universitas
civium, Comune di Parigi, Landsgemeinde).
La democrazia
rappresentativa è caratterizzata
da estensione territoriale ampliata, da partecipazione numerica
allargata, da
decisione delegata (vedasi attuale metodo democratico in uso ).
Nell’antichità
per democrazia si intendeva quella diretta, oggi con democrazia
intendiamo
quella rappresentativa. Con il voto oggi non compiamo più
un atto di decisione, ma eleggiamo chi
dovrebbe decidere per noi. Vi è la necessità di
ritornare alla decisione
personale, individuale, che ovviamente non può mantenere la
forma e la
procedura originale dell’Agorà ateniese,
dell’Universitas civium medievale o
della Landsgemeinde, ma che deve comunque
avere la caratteristica fondamentale
di democrazia diretta, di rapporto diretto con la cosa pubblica
tramite vincoli di
mandato.
Il
limite del
carattere locale della democrazia diretta.
Gli
Americani durante la rivoluzione atlantica, contemporaneamente a
Svizzeri ed
Irlandesi, scelsero
la democrazia
rappresentativa e non quella
diretta
semplicemente perché, come ad Atene, la democrazia diretta
funziona solo a
livello locale, come nella Landsgemeinde o nell’Universitas
Civium medievale.
Dovendo costituire una nazione non rimaneva altro che optare per una
democrazia
rappresentativa, come a dire che invece di decidere io personalmente
delego
qualcun altro a decidere per me. E’ una necessità,
nata dall’ampiezza del
territorio, che oggi viene superata, all’interno del
villaggio globale, dai
media disponibili, con le opportune cautele.
Senza
utilizzare la rappresentanza o la delega proposta
dall’attuale metodo
democratico posso, con L’Unicivium, collegandomi tramite il
web, esprimere
costantemente, con dei limiti, la mia volontà e le mie
decisioni per ”alzata di
mano elettronica”, senza delegare nessuno a fare
ciò per me. Questo è l’aspetto
di democrazia diretta che il sistema Unicivium
recupera. Allo stesso
tempo
però, risolvendo il problema dell’ampiezza del
territorio vado a creare il
problema della potenziale moltitudine partecipante.
Il
limite
numerico dei partecipanti alla democrazia diretta.
Se
l’ampiezza del territorio era uno dei
limiti della democrazia diretta, l’altro limite, quello della
moltitudine dei
potenziali partecipanti, viene superato tramite inserimento di Gruppi
di Studio
tra l’elettore e l’eletto. I
Gruppi di
Studio, una sorta di commissioni, devono essere composti comunque da
persone
elette. Essi avranno il compito di fare la sintesi delle istanze
proposte dagli
elettori tramite il web, di elaborare le stesse istanze in modo da
poter essere
presentate in parlamento come proposte di legge
dai
parlamentari dell’Unicivium. Il carattere di
democrazia diretta rimane, perché da un lato il parlamentare è direttamente
scelto e votato dagli elettori
e sottoposto ad ostracismo se non
dovesse attenersi ai loro dettami,
dall’altro
le proposte di legge provenienti sia dagli elettori
dell’Unicivium che dai
movimenti e dalla società civile vengono veicolate quasi
direttamente in
parlamento. Quel “quasi direttamente” nasce dal
fatto che non abbiamo più a che
fare con un’amministrazione locale, ma con una
società complessa nell’ambito
della quale le nuove leggi proposte devono sempre essere valutate da
esperti in
merito alla loro congruità, rispetto alle normative vigenti,
prima di essere
presentate in parlamento. Se a livello locale l’elettore
poteva, una volta, conoscere
totalmente i problemi del proprio
territorio, in quanto essi erano
più
semplici e limitati rispetto ai problemi odierni, ed esprimere il suo
voto in
merito, oggi non è più possibile per un singolo
avere conoscenze tali da poter
individuare soluzioni e decidere. Ad esempio, i problemi generati dal
dissesto
territoriale ed idrogeologico, dall’inquinamento,
dall’alimentazione ed i
risultanti effetti sulla salute fisica e mentale dei cittadini superano
la
capacità del singolo. Il cittadino deve, di conseguenza,
scegliersi degli
esperti che lo informino e che lo mettano in condizioni di decidere. Il
famoso
paradosso, messo in luce da Norberto Bobbio, secondo il quale
nell’era
tecnologica chiedere più democrazia significa di fatto
estendere la competenza
a decidere ad un numero crescente di incompetenti, viene qui di fatto
rimosso.
L’elettore è messo in grado di decidere, tramite
organismi come i gruppi di studio,
composti da parsone elette e revocabili da egli stesso, in quanto i
gruppi di
studio non decidono per l’elettore, ma lo informano
mettendolo in grado di
decidere.
Torniamo
a
Norberto Bobbio e alla sua definizione minima di democrazia. Egli le
attribuisce una caratteristica semplicemente procedurale affermando che
si
tratta di un metodo per prendere decisioni collettive:
1)
tutti
partecipano alla decisione direttamente o indirettamente,
2)
la decisione
viene presa a maggioranza dopo una libera discussione.
Da
qui si
evincono due aspetti di cui uno è l’azione
individuale e l’altro è il risultato
della partecipazione che, secondo alcuni, annulla uno dei principi
dell’ethos
democratico: l’uguaglianza. L’imposizione da parte
di una maggioranza della
propria decisione viene concepita da alcuni come un aspetto del metodo
democratico in dissonanza con l’ethos democratico,
giungendo
alla
conclusione che i due attengono a due ambiti distinti, non derivabili
l’uno
dall’altro e non conciliabili e, nonostante ciò,
in corrispondenza, con in più
il pericolo che il metodo democratico prenda il posto
della democrazia, cioè dell’ethos
democratico.
Orbene, per quanto riguarda
la dissonanza, con
la creazione di una minoranza non tolgo a quest’ultima i
diritti di eguaglianza
sanciti dall’ethos democratico in
quanto
la minoranza stessa è il risultato di una votazione.
Per quanto riguarda il
pericolo di cui sopra,
a valutar la situazione pare evidente che quanto
temuto sia
già successo e che
di già si sia surrogata la democrazia con il metodo
democratico. Ciò è avvenuto
a causa dell’attuale metodo democratico in uso con il quale
il singolo
cittadino, mediante
il voto, delega
qualcuno a decidere per lui e non ha quindi necessità di
vincolarsi ad un ethos
democratico, dato che
la decisione la
prende un altro. Il delegato dal canto suo, con l’attuale
metodo democratico
della democrazia parlamentare, non è
necessariamente vincolato alla
decisione
da un ethos democratico, visto che non deve rispondere del suo operato
a chi lo
ha eletto.