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Unicivium: commenti e scritti politici

Mostruosamente FIOM

 

30/10/2014

 Secondo l'opinione di alcuni la differenza principale tra la piazza di Milano della Lega Nord e le manifestazioni dei lavoratori a Roma è che la prima ha trovato piena espressione politica, con un progetto radicale nettamente definito in senso reazionario-populista, e le seconde sono  ancora completamente prive di interlocutori politici credibili ed adeguati ai tempi. Se questa è la lettura allora, forse, non è stato colto completamente il sentire della piazza di Roma.

Detto in poche parole, a mio parere, la piazza di Milano ha un suo leader riconosciuto, leader che è tale a causa del suo progetto e, di conseguenza, è sostenuto da un elettorato reazionario-populista, elettorato estremamente ed acriticamente bisognoso di una figura di un leader al quale dare delega incondizionata a prendere decisioni in propria vece.

La piazza di Roma, invece, mi sembra più incline alla diffidenza verso i partiti ed i loro dirigenti, trovando però nel sindacato un'associazione che, pare, a sensazione dei manifestanti, essere in grado di farsi portavoce delle richieste crescenti dei lavoratori e di una parte di cittadini che si identificano nelle sue rivendicazioni e proposte.

Lasciamo perdere le "starlettine" del PD presenti, pronte a mettere la propria presenza sulla bilancia nel caso si dovesse formare un nuovo soggetto politico. Loro non vogliono rischiare nulla di sé, perché corrono il rischio della poltrona e dell'oblìo, ma la loro presenza in un nuovo soggetto politico sarebbe auspicabile unicamente in un soggetto politico che applichi internamente la democrazia diretta. In questo caso sarebbero gli iscritti a decidere se vogliono ancora i vari Cuperlo, Civati e Fassina.

Accantoniamo anche momentaneamente la richiesta di un soggetto politico coerentemente anticapitalista e parliamo piuttosto di un soggetto in grado di dimostrare in primo luogo la sua estraneità all'attuale casta politica, pur essendone profondo conoscitore.

Parliamo di un soggetto che abbia chiare idee, un programma ben preciso, dei leader convincenti e trascinanti, perché di questi purtroppo l'attuale popolo italiano necessita ancora oggi.

 Ne è la dimostrazione il M5S, che, nonostante i suoi meccanismi di elezione e revoca, di partecipazione diretta al voto ed alla formazione di proposte di leggi, tipici  della democrazia diretta, necessita  comunque di una voce convincente, trascinante e vagamente  populista, quale è quella del suo leader.

Questa è una caratteristica  dell'Italia ed anche l'elettorato di  sinistra non riesce a superare tale limite.

Di interlocutori politici credibili ed adeguati ai tempi ce ne  sono. La piazza di Roma  è  una piazza tesa anche alla conferma di un leader, di un leader specifico, che già si era rivelato tale per le sue chiare idee di politica economica, di amministrazione della cosa pubblica, di diritti  civili e del lavoro; idee ampiamente palesate nelle trasmissioni televisive e talk-shows e documentate su Youtube.

Purtroppo per la piazza, questo leader non si lascia tirare per la giacchetta ed entrare nell'arena politica e vuole rimanere in quella sindacale, a suo pieno diritto, ovviamente.

Se fare politica nella seconda accezione weberiana del termine vuol dire amministrare la cosa pubblica, allora il sindacato sta facendo politica fin dalla sua nascita e nessuno gli può togliere il diritto di farlo.

 

Il sindacato, definito libera organizzazione dall'art. 39 della Costituzione, non può fare "politica" a livello istituzionale, perché la costituzione non lo prevede per questo ruolo.

Per la partecipazione all'amministrazione della cosa pubblica, l'art. 49 della Costituzione ha previsto delle libere associazioni di cittadini, cioè i partiti. Sia per i sindacati , che per  i partiti la Costituzione ha previsto una partecipazione  interna con metodo democratico.

La richiesta di maggiore democrazia interna alle associazioni ha portato tra l'altro allo statuto del 2004 della Fiom, alle primarie del PD  ed in ultimo alla democrazia diretta del M5S.

Dalla richiesta di maggiore democrazia interna alla formazione di  un nuovo soggetto politico con queste regole democratiche, come le richiede l'articolo 49 della Costituzione, il passo è breve.

La questione oramai si pone nei seguenti termini: quale forma democratica si intende utilizzare per un ordinamento interno di un'associazione politica e di un'associazione sindacale: la democrazia delegata o la democrazia diretta?

Basta applicare le regole della democrazia diretta o semi-diretta per risolvere i problemi di rappresentanza,di partecipazione e di decisione, togliendo ai capi e  ai vertici di partito ogni autorità, la quale, così facendo, torna in possesso agli iscritti.

Purtroppo gli attuali vertici dei partiti, eccetto qualche eccezione, vanno palesemente nella direzione opposta, cosa che impedisce una modifica dei loro statuti  nella direzione richiesta.

Non rimane che formare una nuova associazione politica, un nuovo partito, appoggiandosi ad un'organizzazione esistente che le faccia da "tutore".

La Fiom è forse l'unica organizzazione sindacale di massa con uno statuto sufficientemente democratico. Essa, avendo una propria struttura e ramificazione, sarebbe anche in grado di sostenere un nuovo soggetto politico parallelo, senza che i suoi vertici ne facciano direttamente parte.

Può fungere da  grande cassa di risonanza per la nascita di un' associazione politica nuova, profondamente democratica, che nasce dal basso, sceglie e revoca i propri dirigenti; una sponda politica per tutti coloro che negli attuali partiti non hanno fiducia e non si sentono partecipi, ma che si sentono, invece, rassicurati dalle richieste e dalle proposte dei leader di questa organizzazione sindacale.

Un movimento politico che ha come proprio portavoce un movimento sindacale, un        movimento politico che entra finalmente là dove si decide, in parlamento, che non rimane solamente in piazza a prender bastonate e che contemporaneamente mantiene, sotto il profilo organizzativo, la sua più totale autonomia, avendo propri dirigenti e rappresentanti eletti e revocabili dalla base tutta.

Così si potranno occupare meglio, in tandem, del lavoro, ma anche della redistribuzione delle ricchezze, degli appalti pubblici, delle regalìe alle fondazioni e degli stipendi dei vertici sindacali, della corruzione e del lavoro nero. Con un fattivo aiuto del terzo potere dello stato si possono fare cose egregie e, non ultima, una sbirciatina all'articolo 42 della Costituzione, prima che la forbice dell'impoverimento si allarghi ancor di più.

Può funzionare. Un mostro sindacal-politico?  Ce ne si può fare  una ragione. Non credo  sia più mostruoso degli attuali partiti o lobby. Sicuramente è più democratico. Garantito.

 

Democrazia e corruzione. Una presa in giro?

 

29/06/2014

La democrazia è una presa in giro perché è pervasa dalla corruzione? Mi viene spontaneo pensare che, quindi, anche la monarchia, la dittatura militare,... quando sono permeate dalla corruzione sono delle prese in giro. Sempre ed in ogni caso.

Mentre  in uno stato monarchico e in una dittatura  c'è poco da fare da parte dei cittadini, in democrazia le cose, sotto questo aspetto, si possono modificare.

L'incognita, quindi, da affrontare non è la corruzione, ma la democrazia.

Quando Marx analizzò la società tedesca ed il suo parlamentarismo la democrazia non vigeva ancora, perché la forma democratica dello Sato era monca: oltre la metà della popolazione non aveva diritto a partecipare al voto. Solo nel 1918 fu colmata questa lacuna. Posso desumere ragionevolmente che quanto fu studiato da Marx non fosse democrazia.

Engels dal canto suo fu felicissimo di utilizzare gli strumenti borghesi della democrazia per il  fine del raggiungimento della dittatura del proletariato ed anni più tardi Trotskij si prodigò inutilmente per far adottare la democrazia all'interno del partito.

Sono passati decenni ed ancora oggi i loro pronipoti italiani non sono riusciti ad andare oltre una tiepida ricerca di consenso interna chiamata primarie.

Se democrazia vuol dire anche governo dal basso, allora, nel caso vi sia corruzione, vuol dire che la forma di democrazia utilizzata non può dirsi tale, perché manca di possibilità di controllo dal basso, dall'elettorato, sugli eletti e sul loro operato.  

Il tipo di democrazia attualmente in uso , quindi,  non è completo.

Gli americani tentarono di completarla in ritardo, agli inizi del 1900, quando Tocqueville oramai non c'era più, applicando in alcuni stati, a partire dalla California, la revoca del mandato.

Nella maggior parte dei casi di revoca di sindaci, di amministratori, di governatori, infatti, il motivo è la distrazione di pubblico denaro.

http://ballotpedia.org/Recall_campaigns

Un altro elemento per completare la "democrazia" è la possibilità di poter scegliere il proprio rappresentante, oltre a quella di poterlo revocare, ma vedo che anche l'attuale maggioranza parlamentare italiana, in merito alla scelta, non ci vuole sentire.

E pensare che basterebbe per il momento almeno una scelta indiretta, come fatta in passato, e non necessariamente una scelta diretta, come fatta dagli iscritti del M5S.

 Si noti che questa seconda opzione, quella della scelta diretta da parte degli iscritti di un'associazione politica, viene aspramente osteggiata in questo momento da tutti i partiti dell'arco costituzionale.

Un ulteriore elemento è dato dalla frase di Marx che recita: il sistema è tanto più democratico quanto più estesa è l'applicazione del principio elettivo o, in altre parole, quanto più numerose (ed importanti) sono le posizioni di potere assegnate attraverso il procedimento dell'elezione.

   Vuole significare che è necessario per la "democrazia" eliminare ogni potere di nomina, ma anche qui, con il "Nuovo Senato Renziano", non siamo messi bene.

Immagino anche che gli elettori non possano sostituirsi all'attività governativa di nomina del sottogoverno e dei vertici della pubblica amministrazione, ma è immaginabile che queste persone nominate possano venire anch'esse sottoposte alla revoca del mandato, a prescindere da eventuali inchieste della magistratura.

Alcuni stati degli USA  hanno questa interessante possibilità.

Un ultimo completamento della democrazia importante sarebbe quello di non dare allo Stato la possibilità di alienare i suoi beni senza dover prima interpellare la cittadinanza ed ottenere da questa un parere vincolante.  

Quindi, a mio parere, non è la "democrazia" che non va bene, ma non va bene questo tipo di democrazia, monca, attualmente in uso, che lascia ampio spazio, a causa del mancato controllo, ad accordi, corruzione, malversazione, spartizioni  e quant'altro.

Giustamente nessuno pensa che "la democrazia possa trasformarsi nel migliore dei mondi possibili solo ove le si tolga questa fastidiosa patina della corruzione", perché la corruzione non è legata alle forme di governo, ma è dovuta al malcostume e soprattutto alla mancanza di controllo.

Devo aggiungere che più che una fastidiosa patina la corruzione è un elemento profondamente permeato nella società italiana insieme alla ancor più pesante evasione fiscale.

Vogliamo vedere le cifre e paragonarle? Lo so, l'ammontare presunto della corruzione è circa un terzo rispetto a quello dell'evasione, ma ciò che dà fastidio è che viene praticata da chi  governa, cioè da chi  amministra i nostri soldi. (1)

La democrazia dunque è un metodo di governo di un territorio e questo metodo deve essere migliorato.

Non è governo del popolo, cioè Democrazia, se i cittadini non possono scegliere i propri rappresentanti,  non li si possono revocare,  non li  possono controllare, non hanno la possibilità di legiferare con continui referendum propositivi sul modello elvetico, intervenendo così nell'amministrazione della cosa pubblica e nell'amministrazione dei beni di tutti,  dall'acqua alle spiagge, dalle Poste a Finmeccanica, dalle caserme dismesse alle tubature di amianto negli acquedotti pubblici, dagli edifici scolastici fatiscenti alla ricostruzione di siti terremotati.

Gli attuali partiti dal canto loro, anche se riformisti, non sono riformabili ed una democrazia vera al loro interno rimane un miraggio. L'articolo 49 può attendere, le riforme renziane non lo includono.(2)

La presa in giro non sta dunque nella democrazia, ma nella strenua battaglia che gli attuali amministratori pubblici fanno per impedire che vi sia un vero controllo sul loro operato.

E allora non rimane che fondare dei nuovi partiti con le regole della democrazia diretta, sulla falsariga di quelle del M5S. Partiti, associazioni politiche, che prevedano al loro interno la scelta, l'elezione e la revoca dei propri rappresentanti, iniziando dal livello comunale.

Non devono più esserci politici che propongono delle soluzioni, che propongono una "offerta" politica tramite la quale cercano di attrarre gli elettori, ma associazioni politiche-partiti che, una volta evidenziati i fini da perseguire, eleggano tra le proprie fila delle persone che saranno incaricate, quali amministratori pubblici, a portare a compimento questi fini.

Sto parlando evidentemente del metodo democratico da utilizzare e non del merito delle scelte politiche fatte o da farsi.  

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(1)  180 miliardi di Euro di evasione annua giustificherebbero un investimento come l'assunzione di 30.000 giovani, quali agenti della guardia di finanza in aggiunta ai 35.000 esistenti, per indagare e, soprattutto, per recuperare parte di questo ammontare. Costerebbero alla comunità 800 milioni e basterebbe che ricuperassero il 30% del malloppo. Non saremmo a livello della Germania che si avvale di circa 112.000 agenti per questo lavoro, ma sarebbe comunque un importante passo avanti.

(2) Alla fine vi sarebbe un ulteriore passo che è quello del vincolo di mandato al parlamentare da parte degli elettori, ma guai a parlarne: immediatamente i partiti si aggrapperebbero all'art. 67 della Costituzione per poi infrangerlo con la "linea del partito" e ponendo la fiducia in parlamento. Mineo non è stato forse silurato perché non si è attenuto al vincolo di mandato da parte del proprio partito?

Interessante è che i componenti del Bundesrat tedesco sono sottoposti a mandato imperativo da parte del loro Land.

 

“I ladri di Pisa” - Exit Strategy.

 

17.03.2014

Analisi lucida, quella di Giannuli, relativa agli  anni trascorsi, per poi inciampare a due terzi del percorso della stessa:

la sua affermazione, "produzione di una diversa architettura di potere basata sulla sovranità popolare e di una nuova classe dirigente", contiene delle ambiguità. Parlando di struttura di potere sembra implicito per l'autore che politica sia essenzialmente gestione di potere e non amministrazione della cosa pubblica. Ovviamente una struttura di potere è gestita da una classe dirigente e non dai cittadini in una realtà di sovranità popolare. Comunque sia, anche prendendo per buono il suo invito a produrre un'architettura di potere diversa, basata realmente sulla sovranità popolare, e una nuova classe dirigente, il nostro ci abbandona nell'etere, adducendo che né l'una né l'altra cosa si fanno in due minuti ecc. ecc., svicolando elegantemente senza una proposta concreta.

Dice anche che le metafore militari applicate alla politica sono spesso pericolose;. è per questo che conclude l'articolo  con una terminologia militare, scrivendo che il PD è il nemico da battere?

Allora provo io a dare inizio ad  un percorso che può portare alla costruzione di una cosa che in fasce  c'è già.

La democrazia diretta si pone l'obiettivo  di evitare capi, élites ed oligarchie. Per raggiungere tale obiettivo dà la possibilità agli elettori di scegliersi i propri rappresentanti.

Il M5S  ha provato a raggiungere tale fine e vedo che il risultato è egregio. Gli iscritti, con il loro voto on-line, hanno inviato in parlamento molte persone competenti, a dimostrazione che per esercitare il lavoro di parlamentare non occorrono processi di formazione e maturazione che richiedono  tempi lunghi.  Non penso, inoltre, che tra questi parlamentari vi sia un numero maggiore di  Scilipoti e di Razzi rispetto agli  altri partiti.

Se poi all'interno del gruppo dei "dirigenti" eletti del M5S, che non diverranno mai tali, dato che decadono dopo due mandati, si inserisce un'alternanza, si va a creare un passaggio di esperienza, si tramanda l'esperienza acquisita ad ogni nuovo rappresentante che subentra. Si realizza, quindi, un accumulo  di esperienza trasmissibile, un'esperienza di parlamentare, di amministrazione, nonché di legiferazione, senza creare un'élite, un gruppo dirigente.

Non c'è motivo per ripensare le parlamentarie. Il meccanismo ha dimostrato la sua efficienza inoltrando degli eccellenti cittadini in parlamento e non centra assolutamente con la questione dei dissidenti. I fatti lo hanno dimostrato e lo stanno dimostrando. Non c'è né più né meno  che la stessa umanità che è presente negli altri partiti. 

 Secondo me, quindi, il meccanismo funziona, va abbastanza bene: il cittadino si sceglie i propri rappresentanti e costruisce una lista di candidati da proporre a coloro che vogliono votare per il M5S.

Il problema potrebbe porsi nella mancanza di alcune regole o  nell'applicazione di regole che non sono quelle della democrazia diretta  e  vado a parlare della revoca del mandato.

Se la sovranità è del cittadino, ed in questo caso dell'iscritto ad un'associazione di DD, tocca esclusivamente e direttamente a questi la decisione di togliere o meno la revoca ad un altro iscritto, in questo caso ad un parlamentare. Il meccanismo adottato dal M5S toglie all'iscritto parte della facoltà di revoca, in quanto prevede un primo "tribunale", formato dall'insieme degli eletti in parlamento, che decide se l'accusato sia da sottoporre o meno al potere di revoca degli iscritti. Col tempo, i parlamentari potrebbero anche affrancarsi dalla decisione di revoca degli iscritti, negando l'inoltro della decisione di revoca agli iscritti.

E allora, chi dovrebbe decidere in merito all'espulsione? E chi dovrebbe decidere in merito al dissenso?

La possibilità di revoca del mandato è fondamentale nella democrazia diretta allo stesso modo in cui lo è la scelta del proprio rappresentante. Tocca, quindi, direttamente agli iscritti decidere,  senza prima passare per questo "tribunale" dei parlamentari riuniti che decidono se deferire l'imputato al giudizio degli iscritti.

La regola dovrebbe essere questa:

qualsiasi iscritto ha il diritto di proporre la revoca del mandato di un eletto agli altri iscritti. Se un terzo degli iscritti approva questa proposta si va al voto online per la revoca. La revoca è attuata se approvata da due terzi degli iscritti.  Vedasi anche:

www.unicivium.it/Pratica/Ilparlamentare

La revoca viene stabilita non a maggioranza semplice dei votanti, ma a maggioranza dei due terzi degli iscritti.

La maggioranza semplice dei votanti va benissimo per decidere su proposte di legge o su altre iniziative, come nel referendum propositivo senza quorum, ma quando la votazione riguarda le persone, la maggioranza semplice dei votanti non è sufficiente.

Un altro elemento a favore delle parlamentarie, così come vengono svolte, è la risoluzione indiretta del problema delle pari opportunità delle quote di genere: i parlamentari vengono scelti e votati dagli iscritti e  il problema, quindi, delle quote rosa a cura del partito non si pone.

Le donne che posseggono merito ed  ora richiedono a gran voce che questo  venga loro riconosciuto, appartengono, all'interno del proprio genere, ad una categoria privilegiata che, tramite impegno o ricchezza familiare, ha potuto raggiungere merito come succede all'interno dell'altro genere. Queste donne ora richiedono il riconoscimento del merito per il genere femminile, ma non chiedono ciò che sarebbe doveroso chiedere:   che tutti i cittadini abbiano l'opportunità di sviluppare merito, che tutti abbiano il diritto all'uguaglianza di partenza fin dai primi anni della scolarizzazione.

Forzando il "mondo politico" all'accettazione delle quote rosa al 50%, abbiamo sì la parità all'interno del Parlamento, ma non realizziamo quel merito basato sull' opportunità data a tutti cittadini, prevista  dall'art. 3 della nostra Costituzione.

Con l'attuale sistema partitico, tra l'altro, la nomina del 50% delle donne rimane sempre in mano ai vertici dei partiti che, sicuramente, utilizzeranno dei criteri propri nella scelta di quel 50% di donne. Come risultato avremo la lotta per il raggiungimento ed il mantenimento del potere all'interno del partito condotta non più da una maggioranza di uomini, ma da uomini e donne con pari opportunità di scalata, comunque scelti dai vertici dei partiti.

Altro buon motivo, quindi, per ritenere   le parlamentarie valide a tal punto da auspicare che siano  adottate da tutti gli altri partiti, anche se è inutile sperare.

In merito ad un progetto politico per il paese Giannuli dice:

 "Io credo che il M5s sia un pentolone nel quale ribollono gli ingredienti più diversi, le istanze più contraddittorie, pezzi delle culture politiche più distanti. Tutto vero, ma che vi aspettavate? "

La domanda è posta male; io cittadino mi dovevo forse aspettare qualcosa? Ci si deve chiedere piuttosto quali siano le motivazioni che tengono insieme una tale varietà di culture politiche.

Quali sono?

Sono semplicemente motivazioni economiche . La povertà crescente, la mancanza di lavoro, la corruzione, "l'appropriazione indebita" di tutto quello che sappiamo,  lo spreco e la sfacciata spartizione del denaro pubblico.

Da tale analisi scaturisce l'esigenza di realizzare  un semplice progetto politico: quello di riappropriarsi dell'amministrazione della cosa pubblica in modo da controllare e ridistribuire questo denaro in modo equo. E tutto questo partendo dal basso, dalle parlamentarie, con delle propaggini che sembrano essere spietate, come lo sembra essere la revoca del mandato.

 Da qui nasce una nuova cultura politica che è quella della partecipazione all'amministrazione della cosa pubblica, in opposizione a quella della delega, al momento in vigore. Non occorre altro al momento per realizzare un cambiamento radicale e rivoluzionario,  che come si nota, ha già avuto inizio, anche se un po' incerto e rocambolesco.

La strada è già imboccata, occorre solo affinare le regole e fondare altre associazioni politiche che si basino su buone regole di democrazia diretta, senza l'inconveniente presenza di leader impositori e fustigatori.

 

L'aspetto "rivoluzionario" della democrazia diretta.

 

08/02/2014 12.01.17

Con l'editto sul feudalesimo del 1806 e con le successive leggi sull'amministrazione civile del Regno delle due Sicilie  di Ferdinando I che introducevano il decurionato, sostituendo le  Universitas, si ha un esempio di come compiere una rivoluzione.

Si passava da un sistema comunale di democrazia diretta delle Universitas, nel quale venivano elette direttamente dai cittadini tutte le cariche, ad un sistema censitario di nomine di persone, con un reddito superiore ad un certo minimo, che avevano a loro volta anche la facoltà di nomina delle cariche del comune.

Una catena di nomine, dunque, che partiva dall'alto. Più alta era la carica, più alto doveva essere il reddito per potervi accedere.

Proprietari terrieri che diventavano di diritto amministratori pubblici, con le relative conseguenze di soprusi ed appropriazioni sfociate in aperte ribellioni nel salernitano, nominate poi moti del Cilento e, dopo l'unificazione, "Brigantaggio".

Rivoluzione è per definizione un mutamento radicale degli ordinamenti politici e sociali.

Ciò che potrebbe portare ad un mutamento radicale degli ordinamenti politici è il metodo adottato dal Movimento 5 Stelle , o meglio, è il tentativo di adottare un metodo che si chiama democrazia diretta. Tale metodo ha, però, due palesi limiti: l'estensione del territorio, non più governo di piccole comunità come le Universitas , e la numerosità dei partecipanti.

A causa del primo non si può prescindere dalla delega ed a causa della seconda, dato che non possiamo  in 80.000 iscritti dare istruzioni ai nostri rappresentanti, ci vorrebbero dei  "filtri", cioè delle commissioni specifiche, costituite da persone comunque  elette e revocabili, che avrebbero il compito di fare da tramite tra l'iscritto ed il delegato-eletto, senza con questo togliere la sovranità all'iscritto e facilitando la sua facoltà di decisione.

Attualmente nel M5S delle commissioni di esperti sono direttamente ingaggiate dai parlamentari. Queste non sono però al servizio degli iscritti, come invece lo è ad esempio Aldo Giannuli con le sue  lezioni, e, quindi, non danno loro modo di comprendere e senza comprensione non si è in possesso delle conoscenze indispensabili per poter decidere. Tali commissioni, inoltre, non danno neanche garanzia di imparzialità  perchè i componenti di esse non sono stati eletti dagli iscritti, né questi ultimi hanno il potere di poterli revocare.

La natura della democrazia diretta è proprio la mancanza di leader, il rifiuto di un leader e, di conseguenza, di un' élite. Il M5S ne ha addirittura due di leader probabilmente perché l'elettore medio italiano li esige, perchè la politica viene vista nell'accezione di gestione di potere e non nell'accezione di amministrazione della cosa pubblica.

Ovviamente ai rappresentanti dei partiti in genere viene la pelle d'oca al pensiero di essere eletti con la possibilità di venir revocati a prescindere dall'intervento della magistratura; fa rabbrividire il pensiero di dover rispondere momento per momento dei propri atti e che vi possa essere un vincolo di mandato. Secondo me, il M5S viene osteggiato soprattutto per questi aspetti, perché, se dovesse passare questa "rivoluzione", la gestione del potere passerebbe in mano ai cittadini.

Che cosa osta ad un mandato imperativo?  Questo non proverrebbe  da una ristretta cerchia di possidenti, come succedeva nella democrazia censitoria, ma da un'ampia fascia di cittadinanza. Cosa dovrebbero dire allora i rappresentanti dei Länder al Bundesrat tedesco, visto che hanno il vincolo di mandato imposto dal proprio Land e, di conseguenza, da una moltitudine di elettori?

Secondo me, quindi, la rivoluzione sta nel metodo e non nel merito. La rivoluzione non sta nel merito, cioè nelle decisioni scaturire da un consesso variegato, quale può essere un insieme di iscritti ad un movimento o partito, ma nel  tipo di consesso. Tecnicamente il metodo della democrazia diretta potrebbe essere adottato anche da persone di sinistra-sinistra, mentre la destra, amante della delega al capo, secondo me, ne dovrebbe essere abbastanza schifata.

La rivoluzione è il metodo e non i progetti socio-economici che ne sono la conseguenza. È inutile predicare e non cercare di entrare là dove si prendono decisioni, cioè nel parlamento, è inutile appoggiare liste senza entrare direttamente in gioco con nuove formazioni politiche, è inutile predicare e maledire la finanza mondiale quando 7 miliardi, potenzialmente utili per il riassetto del territorio, sono stati dati dal parlamento italiano alle banche italiane, è inutile maledire ora la Germania o altri paesi quando sono stati i parlamenti greci ed italiani a decidere di acquistare con soldi pubblici sistemi d'arma in quei paesi.

L'Italia, per inciso, ha un stanziamento complessivo per sistemi d'arma di 91 miliardi, di cui 5 miliardi per il 2014.

Quanto sopra a dimostrazione che è il Parlamento la meta da raggiungere se si vuole cambiare qualcosa, ma lì ci si arriva solamente con le elezioni, non protestando per strada, o tramite web, o frequentando oscuri consessi intellettuali. Ci si arriva tramite partiti-associazioni politiche ed elezioni.

Diviene quindi sempre più urgente avere associazioni politiche-partiti costituite sulla falsariga del M5S, ma con il metodo della democrazia "in"- diretta, un metodo cioè che è in compromesso tra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa, come descritto nel mio Unicivium. Uno scopo aggregante primario di tali associazioni potrebbe essere in prima istanza non l'uscita dall'euro, la Tav o quant'altro, ma il riappropriarsi dell'amministrazione a tutti i livelli, per esempio, dall'ufficio tecnico del comune fin su al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

Diventa pressante, perciò, l'esigenza di  riappropriarsi dell'amministrazione della cosa pubblica in modo diretto, tramite propri rappresentanti eletti e revocabili, tramite i quali  indagare, capire e  evitare, ad esempio, di dover alienare, senza autorizzazione dei cittadini, i beni dello stato, cioè di tutti, per  acquistare sistemi d'arma di dubbia utilità.

 

Separatività tra governanti e governati e l’arte del governare.

Domenica, 22 Dicembre 2013

 

Argomento quanto mai interessante ed attuale.

La distanza tra popolo e dirigenti? Certo che si può annullare ed in modo anche molto semplice: togliendo di mezzo i capi politici, eliminando le élite.

Ma governare, fare politica, cioè amministrare la cosa pubblica, significa prendere decisioni, per questo motivo è necessario che lo facciano persone competenti.

Il popolo è considerato ignorante ed incapace di prendere decisioni, ma non abbastanza ignorante per scegliere i propri governanti ed amministratori,  parlamentari e sindaci.

Come è possibile?

Ciò è possibile perché la stessa ignoranza, mancanza di competenza e di informazione, rende i cittadini incapaci di gestire i problemi dell'amministrazione pubblica, ma contemporaneamente ricettivi a lusinghe e promesse.  D'altronde i cittadini  hanno forse un'alternativa attualmente?

Ovviamente è nell'interesse dei governanti incrementare e mantenere questa condizione di ignoranza.

Chissà perché i costituenti hanno tanto insistito nel redigere il secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione non parlando di merito.

La risposta è semplice: non è un discorso di merito, ma un discorso di opportunità. Tutti dovremmo avere l'opportunità di ricevere quel minimo di istruzione bastevole  per l'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Ed è  questa opportunità che viene sistematicamente e scientemente smantellata.

Ora seguiamo il seguente ragionamento: se il popolo è abbastanza intelligente per scegliere Renzi, Berlusconi o Grillo, cosa fare per abilitare lo stesso popolo anche alla gestione dei problemi dell'amministrazione pubblica?

Non credo sia solo una questione di istruzione e di intelligenza.

Personalmente penso di non essere assolutamente all'altezza di risolvere, ad esempio, problematiche relative all'inquinamento delle falde acquifere, della microcriminalità e del disagio sociale provocato dal progressivo impoverimento della popolazione, perché non possiedo gli strumenti per risolvere dette problematiche,  pur essendo conoscitore di altri settori quali la coltivazione del ribes nero, l'archeologia industriale e così via.. .

Renzi & C. hanno questi strumenti, queste capacità? No di certo, si avvalgono di esperti ed è giusto che sia così.

Si avvalgono di centri di ricerca, di think tank, di commissioni varie ed in base ai risultati che questa "intellighenzia" fornisce, loro prendono decisioni. Se poi queste decisioni sono a favore dei cittadini o dei governanti stessi, oppure delle lobby, questo è da un altro discorso.

Per quale motivo il cittadino non può direttamente  avvalersi di una o più commissioni di esperti, senza lasciare questo privilegio al dirigente politico che si sceglie i propri esperti a proprio piacimento?

Basterebbe costituire associazioni politiche aventi all'interno  commissioni di questo tipo, composte da persone elette dagli stessi iscritti. Dette commissioni darebbero il loro parere in merito ai problemi avanzati dagli iscritti, mettendo così gli stessi iscritti in grado di decidere e dare indicazioni ai propri parlamentari.

Se gli iscritti a questo punto, sono in grado di decidere, a cosa serve un capo politico? In effetti non serve, servono solo ancora dei rappresentanti nel parlamento e nei vari Consigli Istituzionali, che  dovrebbero mettere in atto  ciò che gli iscritti hanno deciso e di cui hanno dato loro mandato.

Il movimento 5 stelle ha iniziato questa strada, anche se le commissioni vengono  retribuite ed utilizzate dai parlamentari stessi, usufruendo della fiducia in loro riposta dagli iscritti. Non è proprio ciò che intendo e vorrei io, ma è sempre un passo avanti.

Un'altra dimostrazione che l'attuale cittadinanza non può fare a meno del capo è l'esistenza dello stesso Beppe Grillo. Egli da una parte è un polo di attrazione, ma da un'altra è un impedimento allo sviluppo della democrazia diretta, perché per errore o di proposito diventa interlocutore delle altre forze politiche, quando in realtà gli interlocutori dovrebbero essere gli iscritti al M5S. Sono loro i detentori del potere, come hanno dimostrato, ad esempio, con la defenestrazione di alcuni deputati con la depenalizzazione del reato di clandestinità e, non ultimo perché stabilito dallo statuto stesso del M5S.

Fin quando ci sarà Grillo, Renzi si rivolgerà sempre a lui con le sue proposte insensate, invece di rivolgersi agli iscritti del M5S, e lo farà sempre di proposito per sviare l'attenzione da ciò che per l'attuale oligarchia è la cosa più pericolosa che esista: la democrazia diretta, che a livello embrionale si intravede nel M5S, il governo dell'amministrazione pubblica senza capi, con  la possibilità di revocare le proprie cariche di partito ed i propri rappresentanti politici.

E la sete di figure carismatiche e la relativa dipendenza da esse?

Si sostituisca il "grande comunicatore" con 3 o 4  portavoce ufficiali, eletti dagli iscritti, che fanno il giro dei media fino alla loro scadenza o revoca;  già adesso ce ne sono di egregi.

Non rimane altro, quindi, che fondare nuove associazioni-partiti basati sulla democrazia diretta. Il movimento in piazza non sortisce alcun effetto, perché le regole del gioco sono quelle "democratiche" del voto e dell'articolo 49., cioè quelle dettate dalla Costituzione.

Ci vorrebbero le sopradette associazioni-partito  come contrappeso al M5S,  come rafforzamento dello stesso concetto di democrazia diretta, nonché come possibili alleate in una nuova tornata elettorale, dato che  di nuovo si parla di premi di maggioranza e di coalizione.

Caro Schumpeter e caro Bobbio (sì, anche lui), possiamo finalmente accantonare definitivamente queste vostre argomentazioni?

 

Il metodo democratico e la rete

30.05.2013

 

Il metodo democratico e la rete

 

A questo punto non rimane che insistere, continuare con  il progetto iniziato dal M5S, non nel merito, ma nel metodo. Continuare ed affinare creando quel nuovo compromesso tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa che permette al cittadino di controllare i suoi rappresentanti e di indirizzare l'amministrazione della cosa pubblica.

Innegabile che le procedure siano nuove rispetto a quanto visto finora all'interno dei partiti, tant'è vero che gli stessi tentano disperatamente di scimmiottarle in parte e contemporaneamente denigrare il M5S, confondendo volutamente metodo e merito, iscritti M5S e la rete.

I mass media generalisti sono molto volonterosi nella partecipazione al denigrare il metodo adottato, i sorrisetti di scherno in merito al M5S, alla "rete" ed alla sua volontà sono frequenti.

 Il web non è certamente democratico, ma neanche anti-democratico. È semplicemente liberal-popolare o popolar-qualunquista in tutti i sensi. Il web può essere però utilizzato come strumento di democrazia come l'ha fatto il M5S.

Difatti Rodotà non è un'espressione del web ma degli iscritti al M5S che tramite il web hanno espresso la loro volontà. Stessa cosa che hanno fatto per la scelta dei loro candidati e per l'espulsione del movimento di Mastrangelo.

Le espulsioni dai partiti normalmente non avvengono in modo democratico;  è avvenuto con Fini ed i suoi accoliti a con la ex-sindaca di un paese della valle Susa perché non in linea con il partito.  Non è la base che vota ed espelle, ma organismi di partito, nella maggior parte dei casi neanche eletti direttamente, ma nominati da qualche comitato centrale.

C'è stata secondo me un'interpretazione limitata da  parte del M5S a riguardo della democrazia diretta e della scelta di candidati nel movimento.Votare il proprio candidato e poterlo revocare non significa che si debba attingere ad ogni costo alla popolazione comune, ma che i cittadini possano anche scegliere  i propri candidati tra persone preparate e competenti che abbiano anche la favella necessaria per affrontare attacchi pesanti come avvengono nei talk-show.

Purtroppo nemmeno Lombardi e Crimi sono stati pronti nel rispondere a Letta in merito al discorso riferito a Rodotà, che nel web avrebbe avuto meno preferenze del sindaco di Roma. Come mai non è venuto loro in mente di ribadire che Rodotà era stato scelto dagli iscritti del movimento 5 stelle in modo democratico, che quindi era un candidato 5S e non un candidato del web, cosa che non è stata fatta dal PD,  né con Marini né  con Prodi? Certo che non basta la rete per fare politica nel senso di amministrare la cosa pubblica.

Il mio piccolo comune non ha più i mezzi per pagare lo scuolabus per i ragazzi delle medie e delle superiori. La rete può informarmi di questo fatto, ma l'azione politica, cioè la partecipazione all'amministrazione della cosa pubblica deve essere "fisica". Devo riunirmi con i genitori e parlare con loro, devo andare in comune a parlare con il sindaco del bilancio ed eventualmente devo scrivere un'interpellanza alla quale lo stesso sindaco mi deve rispondere per iscritto.

Capi carismatici cercansi

 

domenica 1 dicembre 2013

 

Montanelli disse una volta che il miglior modo di liberarsi di Berlusconi era una bel vaccino di Berlusconi stesso. Un bel periodo di potere e governo di B. avrebbe reso immuni gli italiani che se ne sarebbero liberati.

 

Mancato in pieno. Lo scorso 25.02.2013 hanno votato, comunque, per lui 7.630.000 italiani e l'Italia intanto va a rotoli. Molti non lo votano più, è vero. Rimane da chiedersi  perché una moltitudine di Italiani abbia comunque votato per lui.

Semplice.

Molti cittadini hanno un'idea errata di chi amministra la cosa pubblica. Essi non riescono ad immaginare che i signori per i quali hanno votato non sono altro che pubblici amministratori di denaro e beni pubblici e che dovrebbe essere possibile, quando necessario, revocare loro il mandato, essendo che  questi amministratori lavorano per la cittadinanza e devono rispondere del loro operato ad essa.

 

Il rapporto con questi amministratori, in molti casi, è ancora di tipo padronale: si cerca di entrare nelle grazie di questo e quel  potente, sia a livello comunale che a livelli superiori, si cerca di accaparrare potere e denaro tramite conoscenze e affarismo.

In molti casi  non si palesa il malcontento, né si protesta, perché c'è sempre il timore  di ritorsioni da parte di  lor signori  che , risentiti, potrebbero vendicarsi, cosa che fanno anche in molti casi, dato che il loro agire rimane impunito.

 

Dovesse succedere che uno o più di loro finiscano sotto inchiesta della magistratura, come succede ed è successo per 300 membri delle amministrazioni regionali, viene preparata in tutta fretta, da parte del parlamento nazionale, una legge o leggina adeguata per evitare la pena o  alleviarla.

 

Chiaro che i cittadini elettori in un siffatto rapporto con l'amministrazione pubblica che, tra l'altro, tende anche a delegare i compiti più gravosi a società private per evitare lo scontro con essi, vedi Equitalia,  si sentano impotenti e cerchino "l'uomo forte" che sia in grado di convincerli con delle promesse di cambiamento e di miglioramento del loro stato.

 

In aggiunta, detto uomo forte, viene appoggiato dal potere mediatico di stampa e/o televisione e  si serve di tali mezzi  per  convincere e manipolare i cittadini che non hanno altra fonte di informazione ,né gli strumenti di analisi sociale e politica della realtà in cui vivono.

 

Purtroppo questi  cittadini non vedono un nesso tra i politici e l'amministrazione della cosa pubblica, né vedono il ricadere di ciò sulle vicende socio-economiche della loro vita quotidiana . Ho assistito di persona ad  un dialogo nel quale una giovane donna, disagiata, disse che non le "fregava" niente dei parlamentari e  di che cosa essi facessero, perché  secondo lei questi parlamentari, comunque,  non si interessano alle sue vicende e,quindi, essi non hanno  assolutamente niente a che fare con la sua vita e con la sua situazione di disagio.

Questa giovane donna non sapeva e probabilmente non sa ancora oggi che questi parlamentari

ri-distribuiscono, tramite le loro leggi, la "ricchezza nazionale" ed influenzano direttamente anche la sua vita.

 

Ed ora purtroppo la storia continua con Beppe Grillo, perchè  molti cittadini gli accordano la propria fiducia  più per la sua capacità di parlare, per il suo carisma, che per la comprensione e condivisione dei suoi argomenti,  che per la  straordinaria proposta di  democrazia diretta del movimento M5S, che per il  lavoro splendido che stanno facendo i parlamentari di detto movimento.

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Il cittadino semplice rimane affascinato dalle figure leader e le segue senza comprendere, così come seguirà Renzi. Una figura di capo che piace, il candidato n. 1 alla segreteria del suo partito che manifesta  la certezza di essere eletto.

 

Anche nella rinata Forza Italia ci sono voci che richiedono una nuova figura di capo e questo dimostra, come lo dimostra la figura di Renzi, che i notabili di partito sono ben consapevoli di  come la pensino gli Italiani e cioè che abbisognano della figura di un capo.

 

Contemporaneamente i politici dei partiti tradizionali si rendono conto di quanto  sia pericoloso il diffondersi dei concetti di democrazia diretta,  di elezione diretta dei parlamentari, dei quadri interni del partito e della loro relativa revoca. La loro paura  è ampiamente documentata dai loro continui attacchi al movimento 5 stelle, con affermazioni false e pretestuose, ben consapevoli che l'elettorato medio, quello dei grandi numeri, non in possesso di strumenti di conoscenza per verificare e comprendere.

 

Per questo motivo poco cambierà e se ci sarà un cambiamento , questo avverrà lentamente. Ancora è fermamente radicata  nel cittadino l'idea che dell'amministrazione pubblica non si debba occupare egli stesso, ma qualcun altro.

 

E avanti così. Nelle primarie del PD verrà eletto il segretario del partito ed è l'unico momento tenue di democrazia diretta, forse anche eccessivo perché esteso al di fuori dai limiti del partito, oltre agli aderenti iscritti. La Politica però viene fatta sempre dai notabili di partito e, contrariamente a quanto avviene nel M5S, il semplice aderente iscritto al partito ha ben poco da dire.

 

E' interessante che proprio oggi Amadori, nelle trasmissione di Omnibus, in merito al dentro o fuori all'Euro, citando le sue indagini, commentava che il maggior numero dei fautori dell'uscita dall'Euro sia in meridione, sia di genere femminile e di bassa scolarizzazione. Non so se sia corretto, ma se così fosse, senza entrare nel merito che non mi compete, mi chiedo quali strumenti ha questa parte della popolazione per valutare la bontà della fuoriuscita dall'euro.

 

Nel pomeriggio Grillo, da Genova, all'inizio del suo discorso, faceva notare  che sette su dieci concittadini non sono in grado di comprendere un discorso un po' più complesso.

 

Questo mi riporta all'inizio di questa mia e l'unica risposta che mi viene in mente è: ISTRUZIONE. Implementare l'istruzione per dare a tutti la stessa possibilità di partecipare alla gestione della pubblica amministrazione, come vuole l'articolo 3 della Costituzione al secondo capoverso.